Ore 5:00 del mattino: tutor e docenti della Scuola del Fare accolgono i ragazzi della II logistica all’aeroporto di Napoli. Di lì dritti al gate d’imbarco: destinazione Milano. Ad aspettarli, a mille chilometri di distanza, le persone detenute del carcere di San Vittore. Dopo un lungo scambio epistolare e tante conversazioni online, ecco finalmente il momento di incontrarsi e raccontarsi dal vivo.
Dentro il carcere
I corridoi sono ampi e cupi, le sale spaziose e ampie ma si respira un grande vuoto nell’attraversarle. I ragazzi passano i controlli e finalmente raggiungono i loro compagni di viaggio, visti tante volte al di là di uno schermo ma ora finalmente davanti a loro in carne ed ossa. Un po’ si è timidi, un po’ diffidenti ma dopo i primi che si buttano si incomincia a parlare e a raccontarsi a vicenda i pezzi della propria vita. E poi…iniziano le prove. Ragazzi e persone detenute si alternano nell’allenare la lettura di racconti e discorsi, simbolo concreto di tutto il percorso svolto insieme, per prepararsi ad affrontare il pubblico esterno che il giorno dopo fa visita al carcere. È un tipico ultimo giorno di prove: un clima a metà tra il teso e il rassegnato, qualche imperfezione, qualche dimenticanza. Di fronte al pubblico però, il giorno dopo, tutte queste incertezze svaniscono.
Persone che arrivano, storie che si incontrano, nuovi amici che si dicono arrivederci
Il giorno dopo si può toccare la tensione nella calma vibrante che avvolge la Rotonda del carcere di San Vittore: tutti si sentono pronti a salire sul palco con il proprio vissuto e a portarlo, carico di significati, di fronte a un pubblico di sconosciuti. Ma nessuno è solo in questa impresa: quello che all’inizio era un’accozzaglia di ragazzi e adulti provenienti un po’ dappertutto si sente sempre più una squadra coesa e unita. L’esibizione che mettono in campo racconta da una parte la storia di questo gruppo, dall’altra la storia di ognuno di loro. Tre momenti iconici scandiscono il ritmo della relazione nata tra due mondi così distanti: l’arrivo, l’incontro, la partenza.
L’arrivo è il momento iniziale, una prima conversazione epistolare nel quale gli uni rispondono agli altri proseguendo un racconto immaginario pensato a partire dal libro La zuppa di sasso. È un primo modo di raccontare, nascosto in una trama inventata, il proprio vissuto. Il momento dell’incontro è invece quello del faccia a faccia, nel quale si sta uno di fronte all’altro, a tu per tu, ciascuno con la propria potenza e la propria miseria ben in vista. Ognuno qui racconta la sua storia, la legge al pubblico sotto forma di curriculum. Un CV in cui però non trovano spazio date asettiche o competenze scontate, ma ricordi, momenti e strappi che hanno segnato il corso della propria vita. L’ultimo momento è quello dell’addio, o meglio dell’arrivederci: qui raccontano l’emozione dell’essersi incontrati e il desiderio di continuare anche a distanza un cammino comune. L’incontro si chiude, scendono alcune lacrime, si chiude anche il portone alle spalle dei ragazzi che escono dal carcere. Finisce così il viaggio: chissà che qualcosa sia cambiato nel cuore loro e di tutte le persone che, dentro e fuori dal carcere, hanno incontrato quel giorno.